La Sicilia e le rivoluzioni tecnologiche. Una storia che può cambiare

Se facciamo un po’ di storia, possiamo elencare molti esempi di come ogni evento che ha rivoluzionato la storia e l’economia, dalla scoperta dell’America all’Unità d’Italia, dalla rivoluzione industriale a quella della microelettronica, ha fatto progredire formidabilmente le altre nazioni e il resto d’Italia, ma non la Sicilia, anzi il più delle volte i siciliani hanno avuto la sensazione che gli stessi eventi siano stati causa del continuo peggioramento della loro condizione. Un esempio così, seppur minore, è stato per le miniere di zolfo: quando le scoperte dello zolfo nativo americano molto più puro, resero improduttive le miniere dell’isola, i siciliani perdettero questa fonte di reddito. In compenso però, come spesso è accaduto, la Sicilia ebbe una reazione “romantica” e indulgendo sul passato e sul lavoro povero e faticoso dello zolfataro, ha trasformato il ricordo del mondo perduto in una storia epica e la vita dei carusi ha assunto una dimensione lirica su cui proiettare il presente ancora più amaro.

Varie altre volte è accaduto, non solo in Sicilia ma nella storia della cultura occidentale, che le grandi ondate illuministiche e razionalistiche, al cui elenco può iscriversi la razionalità della chiusura di miniere improduttive, inducano nel tempo a un’inevitabile reazione “romantica”, che nasce, cioè, da quanto d’irrazionale vi è nell’uomo (1).  La grande avanzata illuministica europea nel campo politico, economico e scientifico ha causato una reazione che ha dato i suoi frutti in Sicilia nell’arte letteraria: da Verga a Pirandello, da De Roberto a Tomasi di Lampedusa.

Potrebbero essere ricordate altre circostanze in cui i Siciliani si sono convinti romanticamente che la propria storia potesse essere ben rappresentata da una linea in continua e inarrestabile caduta verso il basso, dall’età dell’oro ai nostri giorni. L’isola felice come non mai, com’era stata ai tempi di Ruggero, quando il suo regno raggiunse l’apogeo, si è ridotta ai giorni nostri a un’isola infelice, in cui ogni siciliano fatica a immaginarsi un futuro migliore e ha una rappresentazione di se stesso poco illuminata, debole e incerta.

A cavallo dell’ultima guerra una vicenda indicativa in tal senso accadde con gli agrumi: quando è stata scoperta la sintesi chimica per le sostanze aromatiche, gli agrumari siciliani che dalle bucce dei limoni e delle arance raccoglievano l’essenza, prima di allora molto redditizia, perdettero gran parte della loro fonte di guadagno e ancora una volta si confermò l’idea che il progresso producesse in realtà solo disoccupazione.

Il progresso, appunto, appannaggio di altri popoli, è stato visto sempre come minaccia alla quale bisognava reagire con le poche forze che si avevano a disposizione e, soprattutto con un rifiuto: “Il mondo cambia ma noi no – sembravano dire i siciliani – vivremo sempre nel ricordo appassionato e struggente di un fulgido passato che non passerà mai”.

Volutamente o perché non c’era altra scelta, i siciliani si posero fuori dal tempo lineare del progresso e della modernità e si rinchiusero, sempre più, nel tempo circolare dei ricordi e delle tradizioni,(2) pur non opponendosi ai cambiamenti di facciata: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” fu la frase di Tancredi rivolta a Don Fabrizio.

La Sicilia al tempo delle rivoluzioni è stata sempre oggettivamente, non per sua volontà, dalla parte dei perdenti; per addolcire la sconfitta, i siciliani l’hanno camuffata di una romantica convinzione, che in fin dei conti, nonostante la rivoluzione, nulla sarebbe cambiato e che ancora una volta i nuovi vincitori, alla fine, avrebbero assunto le sembianze e assimilato la cultura dei vecchi perdenti.

Ma se può dirsi sia stato così fino a oggi, non è detto che possa esserlo in futuro. Non è detto che l’effetto della prossima ondata razionalistica sia ancora un’altra volta una reazione romantica. Un’ondata indicata imminente da molti segnali, uno dei quali è la crisi che stiamo attraversando e che ci costringerà a un cambiamento radicale. Alcuni elementi del necessario cambiamento risiedono nella necessità dell’uomo di non basarsi esclusivamente sulle quasi esaurite risorse petrolifere. La materia prima non sarà più, in prospettiva, il petrolio, ma sarà costituita da colture energetiche: piante, alghe e rifiuti organici. Un grappolo di nuove tecnologie renderà possibile sfruttare le piante ai fini energetici. Le nanotecnologie, la bioelettronica, i biomateriali, i microorganismi sintetici, la conoscenza reale, produrranno una nuova rivoluzione tecnologica con molte e interessanti implicazioni sociali ed economiche.

Questo fatto potrebbe avere ricadute redditizie per la Sicilia. Potrebbe verificarsi il contrario di quanto è avvenuto in passato, in cui ogni novità ha allontanato il mondo agricolo siciliano dall’interesse per lo sviluppo industriale. Se in passato la divisione della Sicilia produttiva in due blocchi contrapposti, con interessi contrastanti, ha causato la mancanza di un’effettiva autonomia e l’impossibilità di uno sviluppo continuo e duraturo, in futuro possiamo ben sperare che non accadrà e che le colture energetiche metteranno a braccetto i tornaconti di una parte con i guadagni dell’altra, rendendo ineluttabile il progresso economico.

Potrebbe essere il 2018 l’anno del Big Bang, in cui scoppierà la prossima rivoluzione tecnologica che inevitabilmente investirà anche la nostra regione. In quell’anno, infatti, entrerà in funzione in Europa il primo impianto industriale di Bioetanolo lignocellulosico (v.pag.30) e questa volta la Sicilia e l’amministrazione guidata da Rosario Crocetta, avrà molte carte da giocarsi e partirà da una posizione di vantaggio. Potrebbe essere facile prevedere che questa volta non ci sarà una reazione romantica.

(1)             Isaiah Berlin, Il legno storto dell’umanità. Capitoli della storia delle idee a cura di Henry Hardy, 1994 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO

(2) “Come si può essere Siciliani? Sicilia (in)Felix: una cultura, un eccesso di identità, un’isola non isola”  di Pietro Violante, XL edizioni, 2011.